I sogni segreti di Walter Mitty

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I sogni segreti di Walter Mitty


I sogni segreti di Walter Mitty

 a cura di Jessica Toccafondo

 

tempo di lettura 2 minuti

 

Regista: Ben Stiller

Anno di uscita: 2013

Produzione: Australia, Canada, Regno Unito, Stati Uniti d’America

 

I sogni segreti di Walter Mitty (titolo originale “The secret life of Walter Mitty) è un film del 2013 prodotto dalla 20th Century Fox e diretto da Ben Stiller, impegnato anche nell’interpretazione del personaggio principale.

Walter Mitty è un impiegato del Magazine Life, responsabile dell’archivio negativi. Il giorno del suo 42esimo compleanno l’azienda per cui lavora viene acquisita ed ha inizio così “la transizione”.

Sin da subito i referenti di questo processo notano la curiosa caratteristica di Walter di alienarsi dal contesto e divenire apparentemente assente mentre nella sua mente prendono vita i più grandi scambi relazionali e le più coraggiose delle imprese, fatto per cui gli viene attribuito l’appellativo di Major Tom, in riferimento al brano Space Oddity (il noto singolo di David Bowie), colonna sonora portante del film.

A quanto pare, Walter non riesce a vivere in maniera fluida la sua vita, rifugiandosi spesso in fughe di pensiero piuttosto che vivere nella realtà, soprattutto quando si presenta qualcosa che lo tocca profondamente.

Così, da almeno 16 anni, Walter lavora con dedizione a Life, il cui motto è “vedere il mondo, attraversare i pericoli, guardare oltre i muri, avvicinarsi, trovarsi l’un l’altro e sentirsi”, lasciando invece che la sua di vita scorra monotona e senza eventi “degni di nota”, chiuso nel suo ufficio a sognare il mondo ad occhi aperti attraverso gli scatti del fotografo freelance Sean O’Connell (interpretato da Sean Penn).

Da quello che sappiamo, il padre di Walter, che lo aveva sostenuto ed incoraggiato in tutti i suoi successi, è venuto a mancare prematuramente quando lui aveva 17 anni. Da quel giorno Walter cambiò vita, tagliando di netto il ponte con i suoi capelli alla moicana, mettendo da parte se stesso e ciò che sarebbe voluto diventare. Da un momento all’altro Walter si trova a perdere suo padre ma non solo. Insieme alla perdita del padre reale, sembra venire meno in lui anche l’imago del padre come oggetto interno, garante della funzione interna di affermazione e legittimità della propria soggettività che fino a quel momento era stata presente e vitale.

Walter continua a vivere sì, ma come se in parte fosse svuotato, inserito in un’esistenza non del tutto dotata di senso e frammentata, allontanandosi sempre più dal proprio bisogno e desiderio e con una certa inibizione rispetto alla possibilità di investimenti libidici orientati alla realtà. Questo ciò che lo porta, con molta probabilità, a sviluppare una dimensione di vita alternativa, caratterizzata da una grande attività immaginativa con la quale si estranea temporaneamente da quello che sta avvenendo intorno a lui, almeno finché non succede qualcosa..

In occasione della pubblicazione dell’ultimo numero di Life, quindi della copertina di chiusura di un pezzo di storia del Magazine, Walter non riesce a trovare il negativo inviato ed indicato dal fotografo come “la quintessènza della vita”.

Così, tra il giocare a fare il punto della sua storia personale con un interlocutore telefonico per un sito di incontri online, ed esortato dalla collega per cui prova interesse (senza riuscire a dirglielo), ad inseguire le tracce dello scatto perduto, qualcosa si muove, e Walter prende un aereo, imbarcandosi per un viaggio che lo riporterà sulle tracce della sua vita.

Inizia qui un processo di metamorfosi, Walter sembra divenire un tutt’uno col Major Tom del brano musicale, pronto a lasciarsi andare nell’ignoto spazio profondo. Dopo tanti anni, riesce finalmente a vedere di nuovo il mondo con i suoi veri occhi, a sentire le parti assopite del suo Sé che pian piano si risvegliano come da un lungo sonno e, per dirlo con le parole di Alice Miller: “quando un processo terapeutico si avvia, non si ferma più”: Walter scambia il suo pupazzo di gomma allungabile, simbolo del personaggio che aveva preso ad interpretare dopo la scomparsa del padre, per uno skate longboard, simbolo della sua vita lasciata in sospeso.

A questo punto i sogni ad occhi aperti di Walter svaniscono, non sono più necessari. Walter torna ad essere il protagonista della sua vita, capace di vivere gli eventi in tempo reale, senza incantarsi e restituendo centralità al suo desiderio; si renderà poi conto, ma solo dopo essere arrivato fin sulle vette dell’Himalaya, che tutto quello che stava cercando era in realtà a portata di mano e che il mistero di quella pienezza, di quella quintessènza della vita, non era da cercare in chissà quale scatto o in chissà quale destinazione ma, molto più semplicemente, in se stesso.

L’intero film si rivela essere metafora del processo terapeutico; centrale la tematica del viaggio che, in questo caso, da esterno diviene interno, un viaggio di esplorazione e ricerca ma soprattutto di riscoperta di parti sepolte e perdute di sé che, se ci soffermiamo a riflettere, non si erano mai messe a tacere del tutto.