C’era una volta a…Hollywood

Recensioni

C’era una volta a…Hollywood

C’era una volta a…Hollywood

l’inconscio pulp e i suoi personaggi nella stanza d’analisi

Regia: Quentin Tarantino

Produzione: USA

Anno: 2019

“C’era una volta…a Hollywood” l’ultimo film scritto e diretto da Quentin Tarantino. L’incipit è quello tipico delle favole ed è così che il regista presenta tutto il mondo del cinema, creandone un inno e dichiarandone tutto il suo amore. Vi troviamo all’interno tutti i suoi feticci, i primissimi piani (o i “Leone” come era solito chiamarli ad inizio carriera in onore al regista italiano), i b-movie, i piedi e gli spaghetti western. Spesso le recensioni sui suoi film sono colorate dal fanatismo nei suoi confronti, sia da un lato che dall’altro. Sarebbe difficile anche per me fuggire a questa forma di schieramento ma per fortuna l’obiettivo di questo scritto è centrato su altri target.

La narrazione del film si avvicina molto al linguaggio dell’inconscio ed alla sua catena di significanti. Il fatto che non abbia una vera e propria trama lineare e centrale aiuta in tal senso. Ricorda molto la narrazione che può venire raccolta all’interno di una stanza d’analisi, vissuta da vari personaggi mutevoli e di varia natura. I tempi vengono dilatati, stirati e compressi. Si alternano lunghi piano sequenza su dialoghi in apparenza insignificanti ad accenni rapidi a eventi importanti per la vita dei protagonisti. Flashback o salti temporali nel mezzo di sequenze narrative, sogni o eventi surreali si alternano a fatti reali o personaggi del passato della storia americana. Ma poi ci sono le ansie, i vissuti e le preoccupazioni dei protagonisti che vivicizzano il tutto. Rick Dalton (Leonardo Di Caprio) attore in crisi e la sua controfigura Cliff Booth (Brad Pitt). Fortemente uniti, hanno bisogno l’uno dell’altro per poter sopravvivere anche se sarà poi solo nel momento della separazione che si ritroveranno davvero unici e indispensabili. Cliff sostiene sempre e senza indugi il suo compagno. Quasi come Io ausiliario lo sostiene quando è in difficoltà, lo guida, lo accompagna al set e gli ripara anche l’antenna di casa! Attraverso di lui vive i suoi sogni di gloria, soprattutto perché quando scende dalla Cadillac del suo amico lo aspetta un catorcio arrugginito che lo porterà nella roulotte in cui vive. Fedele e dal passato oscuro non si lascia mai trascinare dagli eventi. Resiste alle avances della hippie languida e non si altera con Rick nemmeno quando questi l’abbandona. Tiene a bada le sue emozioni e la sua natura aggressiva così come fa con il suo pit bull Brandy. Rick invece non ha la stessa tempra e per questo ha bisogno di lui. Alcolizzato ed insicuro balbetta e si schiarisce la gola continuamente. Teme il confronto con le nuove generazioni, addirittura dietro le quinte soffre il confronto con una bambina che reciterà nel suo stesso film. Ma sul set ritrova la sua essenza, il piglio è deciso, riuscendo in un impeto di improvvisazione, di cui si pente subito dopo, a lanciare con forza la bambina per terra. Ma dal momento in cui viene messa in crisi anche la sua identità cinematografica la paura del crollo è totale. La sua carriera rinascerà in Italia da dove tornerà, in prima classe, insieme ad una donna. Per lui e Cliff, costretto sempre in seconda classe, è il momento della separazione…forse.

Il film ci restituisce, tra le altre cose, il potere quasi taumaturgico del cinema e della narrazione quando serve come in questo caso ad esorcizzare ed elaborare il lutto e la tragedia di Cielo Drive e del massacro della Manson Family. Il racconto e la rielaborazione ha il potere di cambiare la storia ed il destino.