Un altro giro

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Un altro giro

Un altro giro

a cura di Lorenzo Gambacorta

 

tempo di lettura 2 minuti

 

Regista: Thomas Vinterberg

Anno di uscita: 2021

Produzione: Zentropa Entertainments

 

Un altro giro è il vincitore agli oscar 2021 come migliore film straniero. Di produzione e recitazione danese, si inserisce in una tradizione filmica longeva e sempre molto particolare, dove i temi e gli argomenti sono spesso differenti da quelli del cinema americano ma anche delle altre tradizioni europee.

Per esempio, la morale, il rapporto con la Fede, il senso dell’esistenza e del rapporto fra vita e convenzioni sociali, sono alcune delle esplorazioni che nella tradizione della cinematografia danese si ritrovano da Dreyer fino a Von Trier, spesso accomunate da un vertice interpretativo duro e talvolta estremo, uno sguardo schietto ma moralmente ambiguo, dove le questioni etiche sono qualcosa che viene mai data per scontata. La cosa che più colpisce di Un altro giro è proprio l’ambiguità del registro. é commedia o tragedia? il bello è che è entrambe le cose allo stesso tempo, senza che davvero si riesca a distinguere in quasi nessuna scena, se davvero si debba ridere o piangere. Il film si regge su questo strano equilibrio che elicita costantemente un’identificazione ambivalente, che è ambivalente sopratutto perchè non può rispondere alla vera questione che sta sotto la storia: ciò che muove le vicende è Eros o Tanathos?

La trama del film in sè sembra piuttosto divertente (ma già dall’inizio se ne intuisce il risvolto drammatico): 4 amici e colleghi, tutti insegnanti in un liceo, decidono di sottoporsi ad un esperimento in cui assumono metodicamente alcolici fino ad un livello prestabilito per testarne l’effetto sulla loro vita sociale e lavorativa.

L’inizio è entusiasmante, il crollo inevitabile. Eppure, è cosi tanto atteso fin da quando si comprende l’intento dei protagonisti, che non è davvero il crollo a risolvere l’intreccio. Anzi, a discapito di esso, pur non riuscendo a prendere coscienza in definitiva di niente attraverso il loro esperimento, è però nell’alcool in sè che nonostante tutto alcuni di loro trovano un indistruttibile ragione di vitalità.

Il finale dunque, assolutamernte sospeso, ripropone l’interrogativo che gli stessi 4 amici del film forse si pongono fin dall’inizio: fino a che punto la ricerca della vitalità può essere sostenuta, prima di arrivare a sfociare nel suo opposto? e che ruolo hanno, in questa ricerca, la morale e la società? Domande senza risposta, ma già sentire di starsele ponendo non è cosa da poco.