Breaking Bad

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Breaking Bad

Breaking Bad

a cura di Lorenzo Gambacorta

tempo di lettura 2 minuti

Autore: Vince Gilligan

Regista: Vari

Anno: 2008-2013

Produzione: Stati Uniti d’America

 

Le serie TV sono ormai da tempo diventate uno dei mezzi espressivi per immagini che più sta diventando significativo, tanto da prendere spesso il posto, in termini di investimento economico e talvolta artistico, del film per il cinema. Breaking Bad, anche in questo senso, è stata una serie epocale, perché ha attraversato e influenzato il passaggio ad un’espressione e produzione visiva che sempre di più tende a basarsi su un format ad episodi, prolungato nel tempo, che arrivi direttamente allo spettatore, senza il filtro del cinema. Per la prima volta però, più che “piegare” una storia a un pacchetto di episodi, Breaking Bad adatta la possibilità di svilupparsi in molte ore a una costruzione cosi dettagliata e approfondita dei personaggi da indurre identificazioni potenti. L’incipit della storia, da cui poi si sarebbero dipanate 5 stagioni, è subito chiaro: Walter White, insegnante di chimica in un liceo di Albuquerque, scopre di essere gravemente malato. Preoccupato per le sorti finanziarie della famiglia, decide di cercare il modo più semplice e veloce per potere accumulare più soldi possibile, e lo trova, da chimico brillante qual è, nel produrre in prima persona metanfetamine. Per farlo si appoggia a un suo ex allievo, Jesse Pinkman, che dovrebbe essere il suo tramite per il mondo della malavita. Il mondo “ad li la”, che Walt non aveva mai frequentato nella sua vita. Oltre ai vari intrecci della trama, sempre brillante nel trovare inaspettate svolte, è lo sviluppo dei personaggi il centro e il cuore della serie. I due protagonisti in coppia sembrano rappresentare due parti di un’unica mente. Walter degrada fino a scindersi completamente dalle emozioni, la sua trasformazione assume i connotati definitivi quando smette di chiamarsi Walter White e assume definitivamente il nome d’arte di “Heisenberg”. Jesse, dall’altra parte, appiglio morale (e cinematografico) a una figura più classica, evolve in qualche modo, pur martoriato da esperienze sempre più devastanti. Egli ha il coraggio di rimanere legato al senso di colpa, il conflitto indotto dalle sue azioni non si annulla mai in una negazione. Le due parti, una sempre più psicotica, l’altra più integrata, riescono a rimanere insieme fino a quando anche il conflitto fra di loro non esplode a tal punto da separarli violentemente. É una separazione che non è però mai definitiva perché Jesse, che nell’ultima parte della serie viene anche fisicamente chiuso in una gabbia, quasi a rappresentare la sua rimozione, alla fine rincontrerà Walter/Heisenberg.

La serie sembra sconvolgere i canoni del protagonista tipico della settima arte, colui in cui lo spettatore si deve identificare. Qui l’identificazione è ambigua e perturbante. Sono due personaggi fin troppo normali, che cadono insieme ma si dipanano in strade diverse. Jesse lascia un filo di speranza di umanità, mai del tutto abbandonata ma mai del tutto riscattata. Heisenberg, d’altronde, sembra la rappresentazione di una sorta di speculare oscuro di un’individuazione, perversa e onnipotente, perché alla fine quello che lui ottiene è una realizzazione, e insieme a lui lo spettatore che guarda non smette mai, anche di fronte alla degradazione morale più completa, di sperare che ciò che vuole realizzare riesca ad accadere.