Sull’esperienza del tirocinio di specializzazione. Pensieri ed emozioni
Febbraio 21, 2015 2024-06-12 13:36Sull’esperienza del tirocinio di specializzazione. Pensieri ed emozioni
di Isabella Lapi
“Seguir con gli occhi un airone sopra il fiume
e poi
ritrovarsi a volare…..
Tu chiamale se vuoi
Emozioni…”
Lucio Battisti, 1970
Ancora oggi mi trovo a ripensare al mio tirocinio di giovane laureata presso il centro di salute mentale di un comune della cintura fiorentina (*1), e sento risuonare dentro di me le emozioni di allora – pensieri ed emozioni simili a quelle di molti specializzandi che vengono da me, adesso che sono psicologa, anziana, presso l’istituzione sanitaria pubblica e docente e supervisore della scuola di specializzazione dell’AFPP, a chiedermi di essere loro tutor prima di ritrovarsi a volare.
L’esperienza del tirocinio è esperienza molto forte e complessa: tappa obbligata della formazione, entra prepotentemente nel processo di costruzione della futura identità di psicoterapeuta, crea legami e condizionamenti che durano nel tempo, è opportunità, a volte unica, di misurarsi con realtà molto particolari e varie della sofferenza umana dentro un contesto istituzionale che può accompagnare, proteggere, rafforzare, o al contrario, non contenere o sollecitare ai limiti della tollerabilità.
Per gli operatori dei servizi la presenza di specializzandi è una grande risorsa sia per l’implementare l’offerta di intervento, per es. la psicoterapia che i servizi non riescono quasi più ad offrire, sia per gli apporti culturali che i giovani in formazione portano come un vento fresco e nuovo. E’ appassionante e arricchente vederli crescere e diventare più bravi dei vecchi maestri, e spesso c’è anche l’incontro umano affettivo.
Ma perché sia di vero aiuto, questa esperienza richiede un impegno forte da parte di tutti, tutors dei servizi, scuole di formazione, e certamente, gli specializzandi stessi – i protagonisti del processo formativo.
E’ dunque molto importante riflettere sopra questa esperienza, per collegarla sempre di più alla scuola di specializzazione e al processo formativo scolastico, migliorane le potenzialità formative, andando ad individuarne criticità e opportunità di miglioramento.
Per contribuire ad avviare questo processo di riflessione, sono andata a raccogliere informazioni, pensieri ed emozioni dei giovani tirocinanti e giovani specializzati tramite la somministrazione di un breve questionario (appartenenti alla scuola AFPP), e tramite un focus group con alcuni tirocinanti che frequentano attualmente la struttura sanitaria dove lavoro (appartenenti alle scuole CSMH e AFPP); ho anche raccolto alcune impressioni da colleghe con formazione psicoanalitica che svolgono attività di tutor (*2).
E’ interessante leggere i report di questa mia piccola ‘indagine’ (cfr. Appendici I,II,III) dove ho riportato, quasi sempre integralmente, le parole dei giovani, perchè offrono uno spaccato di realtà importante, di bisogni e richieste che dobbiamo tenere di conto.
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(*1) voglio citare con affetto e gratitudine Roberta Pisa, mia tutor, alla quale sono rimasta per sempre legata, Giuseppe Germano, indimenticabile Primario del Centro Salute Mentale di Sesto Fiorentino, e Angela Manna, compagna di tirocinio e amica.
(*2) ringrazio tutti loro per la disponibilità e per la ricchezza dei contributi
individuare alcune aree di maggiore interesse degli allievi, che ritengo importante mettere a disposizione di tutti sperando di attivare una seria e partecipata discussione.
TIROCINIO: DOVE E COME
Una prima, concreta, area di riflessione riguarda gli aspetti pratici del tirocinio, come trovare la sede e adempiere alle pratiche amministrative – problemi che preoccupano gli allievi e per i quali si aspettano aiuto nella scuola.
Trovare la sede del tirocinio, in realtà, non è quasi mai difficile ma i giovani non cercano una sede ‘qualunque’: il loro primo bisogno è trovare una sede qualificata, che offra la possibilità di fare tante esperienze, anche diversificate, ma in sintonia con le loro proprie scelte e orientamenti.
“Il fatto che i miei referenti avessero un orientamento simile al mio mi ha permesso, parlando lo “stesso linguaggio”, di approfondire, partendo dall’ esperienza, aree tematiche di interesse e utilità ai fini del percorso di specializzazione.”
Gli allievi tendono a cercare tutor che hanno lo stesso orientamento teorico-clinico: ‘parlare lo stesso linguaggio’ viene considerato un fattore molto importante per la formazione e anche i tutor lo considerano un importante fattore facilitante, anche se viene chiesto al tirocinante specializzando qualcosa di più: come la condivisione dell’orientamento generale del servizio e gli obiettivi degli interventi, in altre parole un coinvolgimento nella c.d. mission della struttura.
Il tirocinio di specializzazione in psicoterapia si pone in stretta continuità con la formazione di base in psicologia clinica.
Molti tutors, in genere appunto psicologi, nel periodo iniziale del tirocinio, si fanno affiancare dallo specializzando nelle varie attività istituzionali (prime visite, colloqui clinici, psicodiagnosi, consulenze). Questo affiancamento è ritenuto necessario sia dai tutor che dai tirocinanti non solo per conoscersi, creare un linguaggio condiviso e avere la panoramica delle attività del servizio ma anche per recuperare quelle competenze di psicologia clinica di cui molti tirocinanti risultano carenti. Molti di essi, infatti, hanno una formazione scarsa nella psicodiagnosi ( intesa anche come uso degli strumenti osservativi in ambulatorio e test) a cui il tirocinio postlaurea non li ha sufficientemente formati ma che è invece considerata la base da cui partire per intraprendere un progetto di psicoterapia.
GLI APPORTI DEL TIROCINIO ALLA FORMAZIONE IN PSICOTERAPIA
“Credo che mi stia permettendo di conoscere meglio la mia professione; non penso di scindere formazione ed esperienza, secondo me uno arricchisce l’altro come se fosse un circolo virtuoso, tramite l’esperienza alcune teorie risultano più comprensibili”.
L’apporto che tutti si aspettano è ‘apprendere dall’esperienza’: la possibilità di fare esperienza diretta e concreta del lavoro clinico con l’applicazione dei modelli teorici appresi a scuola, e anche avere da subito casi da portare alla discussione clinica e alle supervisioni.
A livello più profondo sia tecnico che emozionale questo ‘apprendere dall’esperienza’ andrebbe tuttavia dettagliato e analizzato nei suoi elementi precisi in modo da poterne aumentare l’efficacia: questa secondo me sarebbe un’area da esplorare anche con gli strumenti della ricerca quantitativa e qualitativa.
‘Entrare nel mare con la punta del piede’ è il sentimento dell’inizio tirocinio.
Molti giovani si avvicinano alle prime esperienze cliniche con entusiasmo ma anche con una certa preoccupazione, e farlo nel contesto del tirocinio in una istituzione pubblica, dove si è affiancati e la responsabilità del caso resta all’operatore del servizio e all’istituzione stessa, può aiutare a sentirsi tranquilli nell’immergersi nel mare della psicopatologia e della clinica.
“Mi ha dato modo di sperimentare cio’ che apprendevo a scuola in teoria all’interno della relazione terapeutica in condizioni di sicurezza e di tutela”.
Sempre che …siano sufficientemente seguiti e non mandati allo sbaraglio, soli con casi affidati di forte complessità, gravità, cronicità… altrimenti, invece che tutela e sicurezza, i vissuti sono di paura, o quanto meno di disorientamento
‘Non ha contribuito a darmi fiducia nelle mie capacità: mi sentivo travolta e senza strumenti’
L’impatto con l’istituzione pubblica può anche essere molto difficile, per le caratteristiche del servizio stesso che nella grande maggioranza dei casi è deputato ad accogliere una domanda di intervento non decodificata, sproporzionata rispetto alle, spesso esigue, risorse disponibili; i tempi di lavoro in genere sono frenetici, e le dinamiche interne ai gruppi di lavoro risentono di queste condizioni e tendono ad essere conflittuali e pesanti.
I tirocinanti descrivono tutto questo come ‘stare in trincea’ e si trovano a condividere con gli operatori sentimenti dolorosi:
‘viviamo anche noi la solitudine e la sofferenza degli operatori’.
Tra i sentimenti dolorosi c’è quello suscitato dall’impatto con pazienti che portano problematiche gravi e complesse, senza possibilità di risoluzione e di cura: è un dolore molto forte per gli stessi operatori, un dolore che si rinnova ad ogni nuovo paziente nonostante gli anni di esperienza, ma che è ancor più forte per i giovani, che hanno, ai loro inizi, una fiducia illimitata negli strumenti professionali e una illimitata speranza di cura.
Altro dolore è vedere che il servizio non ce la può comunque fare ad offrire tutto a tutti, e che alcuni pazienti sfuggono dall’attenzione e alla vigilanza – come aerei che escono dal raggio del radar e si perdono…o come cuccioli troppo numerosi per le possibilità di allattamento della mamma….
‘solo gli utenti fortemente capaci di trovare il seno a cui attaccarsi ce la fanno’
E’ un problema etico – professionale di non poco conto che turba e che contrasta con l’insegnamento che viene dato nella scuola, la quale indirizza gli allievi a rilevare con molta attenzione i bisogni, grandi e piccoli, complessi o semplici, di ognuno e li invita ad adoperarsi sempre in modo attivo per superare resistenze e inibizioni dei pazienti, e recuperarli al rapporto terapeutico.
Avvicinare tanti pazienti con tanti bisogni diversi, vedere molte differenti professionalità con vari orientamenti e modi di lavorare, è un fattore che, se può essere spiazzante all’inizio, sembra essere molto apprezzato dagli specializzandi in quanto offre alcune importanti opportunità formative riconducibili all’approfondimento delle capacità di assessment e di scelta dell’intervento terapeutico più opportuno: la psicoterapia, e con quale intensità, oppure interventi terapeutici diversi.
Tutto questo e la qualità della casistica, e forse anche le stesse criticità del servizio pubblico, aiutano il giovane specializzando a acquisire un approccio realistico ed elastico (come dicono alcuni tirocinanti ‘creativo’ – ma, come diciamo noi formatori, non troppo!!), misurato sul paziente, con capacità di lavorare al fianco di altri operatori e di accettare che la psicoterapia possa essere solo uno dei tanti pezzi che compongono il puzzle di un piano terapeutico complesso.
In altre parole,
‘si riduce l’onnipotenza dello psicoterapeuta’
e questo lo consideriamo un importante elemento di crescita e formazione.
Gli apporti del tirocinio vanno anche aldilà della formazione alla psicoterapia, che rimane ovviamente, lo scopo primario del tirocinio di specializzazione; questi apporti consistono nell’incontro con culture diverse ( es. quella medica e sociale), con il lavoro in team, con orientamenti clinici di altri indirizzi terapeutici ( quasi sempre il servizio è frequentato da specializzandi di scuole diverse).
Spesso il tirocinio si attua in più di un contesto di intervento, anche diverso da quello ambulatoriale ( scuole, ospedali, centri specialistici, ecc..) e coinvolge i tirocinanti in vari progetti finalizzati ( per es. violenza, tutela, lutto, emergenza, popolazione migrante, perinatalità, ecc…): frequentare contesti e progetti sollecita la fantasia dei giovani, li aiuta a sperimentare l’applicazione dell’ottica psicoanalitica in interventi diversi dalla psicoterapia, e dà idee per i loro progetti futuri.
LE CRITICITA’
Certamente, non sempre e non tutto scorre liscio! Le difficoltà del tirocinio sono notevoli e dovute quasi sempre alle difficoltà del servizio stesso che si riverberano in modo negativo sui giovani specializzandi.
L’emozione generale si riassume nel ‘rimanere fermi nella tempesta!’
Alcune difficoltà logistiche minano la sicurezza del setting: non sempre, infatti, i tirocinanti hanno la possibilità di usare la stessa stanza nello stesso orario, o la possibilità di usufruire di stanze attrezzate e arredate in modo adeguato. Questo setting ‘sporcato’ dall’organizzazione, tuttavia, sollecita a rafforzare il setting interno e a volgere in positivo gli ostacoli: un allievo commenta ‘si offre un modello di terapeuta che non ha paura dei cambiamenti e delle difficoltà, che regge’.
Determinante è la presenza del tutor e il suo comportamento: il tutor deve ESSERCI per il tirocinante, con il giusto equilibrio tra trasmettere competenze, vigilare, affiancare, sostenere, dare autonomia. Ai tutors gli allievi chiedono molta presenza, con continuità e strutturazione: quando la ricevono si attiva in genere un circolo positivo di alleanza, che rafforza il legame di lavoro e potenzia la formazione, mentre al contrario, la fretta e la scarsa presenza dei tutors rappresenta un fattore molto alto di criticità.
La criticità più grande, tuttavia, è rappresentata dall’impostazione generale del servizio quando questo non è veramente orientato alla psicoterapia: servizi così offrono poche opportunità allo specializzando, chiedono loro troppo cose diverse, soprattutto non sono in grado di motivare i pazienti e le famiglie alla psicoterapia.
Diventa allora davvero difficile trovare pazienti per i trattamenti di lungo periodo o intensivi, e armonizzare gli obiettivi di cura e i diversi interventi per lo stesso caso ( per es. l’intervento di psicoterapia del bambino svolto dallo specializzando e il lavoro di sostegno ai genitori fatto dall’operatore).
Senza ombra di dubbio le caratteristiche del servizio condizionano molto, nel bene e nel male, la qualità del tirocinio e le opportunità di formazione, e se le difficoltà del servizio sono troppo grandi, i tirocinanti si percepiscono come un peso più che una risorsa, si demotivano, sono portati a pensare che stanno perdendo un’occasione importante e vitale per la propria formazione, e forse, a volte hanno purtroppo ragione.
PER IL MIGLIORAMENTO
Nella nostra piccola indagine i tirocinanti, pur avendo dichiarato di essere tutti soddisfatti in misura sufficiente o alta dell’esperienza di tirocinio, hanno individuato molti elementi che potrebbero qualificare in modo positivo il tirocinio migliorandolo notevolmente.
Molte delle loro idee e proposte ruotano intorno alle opportunità di lavorare in gruppo, decisamente molto sentite: inserirsi di più nelle équipes degli operatori per avere più scambio multiprofessionale e avere incontri strutturati di discussione clinica con il tutor e gli altri specializzandi, anche di altri indirizzi terapeutici.
Un importantissimo fattore di qualità, passibile di forte miglioramento, è comunque considerato il collegamento tra il tirocinio e la scuola.
IL COLLEGAMENTO E IL RACCORDO CON LA SCUOLA
Il collegamento tra la scuola e il servizio dove si svolge il tirocinio è molto desiderato sia dagli allievi che dai tutors, a cominciare dalle pratiche burocratiche-amministrative, ma anche per aspetti più profondi.
Spesso, infatti, gli allievi vivono una sensazione di forte discrepanza tra ciò che viene loro insegnato a scuola e ciò che vedono e vivono nella realtà del servizio: questa discrepanza, senz’altro reale per molti aspetti, potrebbe essere in parte colmata se il tirocinante percepisse un autentico raccordo tra le sue due realtà che possa consentire ‘ di lavorare in parallelo con la formazione scolastica e quella professionale’.
Quando il raccordo è buono, si ha una sintonia positiva che aiuta molto:
‘ Trovo molto utile confrontare il metodo di lavoro che vedo in vivo al tirocinio con quello riportato a Scuola da colleghi e docenti: per quanto ognuno abbia una propria specificità, c’è una linea comune di pensiero che, nel tempo, sto cercando di sentire e fare mia’.
Il tutor della scuola e il tutor del tirocinio dovrebbero parlarsi e costruire insieme il percorso del tirocinio, definendo gli steps, gli obiettivi, le verifiche, e chiarendo le situazioni difficili. Qualche rara volta, infatti, si incontrano allievi non sufficientemente maturi e pronti per lavorare in psicoterapia, o problematici sul piano personale: in questi casi diventa davvero indispensabile collegarsi ed individuare congiuntamente le soluzioni possibili.
Le scuole potrebbero avere una funzione importante di facilitazione se presentassero al servizio il loro indirizzo e i loro metodi, promuovendo sensibilizzazione alla psicoterapia, anche quella intensiva, indubbiamente più ostica e difficile per il servizio pubblico.
Un ruolo importante di sostegno al tirocinio viene svolto proprio dal supervisore personale che gli allievi si scelgono: da questo gli allievi ricevono aiuto ad elaborare il pesante controtransfert dei pazienti incontrati nel servizio e tutte le varie risonanze emotive istituzionali.
Dai tutors del tirocinio viene anche l’esigenza di chiarire meglio i ruoli, i compiti e i doveri di tutor aziendale, tutor della scuola, supervisore , che, se nella teoria e negli intenti sono ben distinti, nella pratica clinica, essendo coinvolti dall’allievo sullo stesso caso clinico ( a volte discusso con tutte e tre le figure), a volte si confondono e collidono, disorientando il tirocinante ma non solo….
LA COSTRUZIONE DELL’IDENTITA’ DI PSICOTERAPEUTA
La gran parte dei tirocinanti ritiene che l’esperienza del tirocinio contribuisca moltissimo alla costruzione della propria identità professionale di psicoterapeuta psicoanalitico.
Ascoltiamo alcuni pensieri che sono rappresentativi del loro sentire comune e che sono così chiari da non aver bisogno di commento:
“Ti consente di metterti alla prova, di confrontarti con le difficoltà degli utenti, di capire i propri limiti, ma anche le proprie risorse”
“Mi rende sempre più consapevole di quali siano le mie possibilità (ed i limiti) e le mie aspirazioni professionali; data la mole di impegno ed il frequente contatto con utenti o altri operatori, sta aumentando la mia capacità di tollerare la frustrazione (come anche di contenere l’angoscia per mancanze o errori miei); mi sta insegnando a pensare in modo psicoanalitico (attesa, osservazione, elaborazione) non solo in seduta, ma potenzialmente in ogni situazione di contatto con l’altro”
“Il servizio pubblico si regge molto sul lavoro degli specializzandi; questi, a differenza degli specializzandi in medicina, non hanno nessuna ricompensa per il lavoro che svolgono, spesso per svariati anni. Sarebbe bene che questo dato non venisse trascurato.
Grazie”
APPENDICE I.
“il mio tirocinio di specializzazione”
Questionario sull’esperienza di tirocinio per specializzandi e specializzati AFPP n. 12 questionari
1 1. E’ stato facile trovare il servizio dove effettuare il tirocinio?
SI 100% NO 0%
1 2. Hai avuto difficoltà ‘burocratiche’ (come per es. ritardi dell’inizio, firme mancanti,
assicurazione, ecc..)?
NO 67% SI 33%
Se SI, quali?
Problemi legati all’assicurazione, al rischio infortuni INAIL, al pagamento di quote per attivare il tirocinio, difficoltà burocratiche legate alle diverse organizzazioni amministrative
1 3. Il servizio che hai trovato corrispondeva ai tuoi desideri?
SI 75 % NO 25%
Se NO, cosa avresti voluto?
incontrare più pazienti, avere maggiori scambi con l’équipe ed essere maggiormente seguito, trovare un servizio maggiormente orientato alla psicoterapia e con maggiore interesse, in particolare, per quella psicodinamica
1 4. Servizio / servizi dove è stato effettuato il tirocinio:
A) Servizi di salute per adulti n. 5 tirocinanti
B) Servizi di salute mentale per minori n. 6 “
C) Ospedale generale n.2 tirocinanti
D) Centri specialistici ( es. DCA) n. 2 tirocinanti
5. Gli operatori del servizio effettuavano psicoterapie? NO 0% SI 100%
Se SI, con quale indirizzo prevalente?
Psicodinamico 83 %
altri indirizzi 17%
6.Il tutor del tirocinio era
– Psicologo 92%
– Psichiatra 8%
Senza formazione psicoterapeutica 0%
Con formazione psicoterapeutica ad indirizzo psicodinamico 100%
“Il fatto che i miei referenti avessero un orientamento simile al mio mi ha permesso, parlando lo “stesso linguaggio” di approfondire, partendo dall’ esperienza, aree tematiche di interesse e utilità ai fini del percorso di specializzazione.”
7.Attività prevalenti svolte durante il tirocinio
solo colloqui e psicoterapie 25%
attività psicodiagnostiche, colloqui clinici, psicoterapie, gruppi terapeutici, riunioni dell’ èquipe 75%
8. Svolgevi parte delle attività insieme al tutor? NO 25% SI 75%
9.Eri costantemente seguito dal tutor durante le tue attività? NO 33% SI 67%
Se SI, con quali modalità?
-Contatti e incontri individuali, riunioni di gruppo insieme ad altri tirocinanti ( anche di altre scuole)
– Supervisione individuale e di gruppo 33%
10.Quali criticità hai incontrato durante il tirocinio?
– difficoltà logistiche ed organizzative( per es. usufruire sempre della stanza per vedere i pazienti, trovare orari consoni, ecc…)
– non sufficiente e regolare confronto con il tutor del tirocinio sui casi clinici seguiti
– difficoltà intrinseche al servizio che si riflettono in modo negativo sui tirocinanti, come per es. scarsa integrazione tra gli operatori, poca attenzione e gestione delle dinamiche interne all’èquipe, orientamento clinico troppo spostato sulla visione medica
– assegnazione ai tirocinanti di casi troppo complessi
– sottovalutazione del potenziale professionale del tirocinante
– poco incontro-confronto con gli altri tirocinanti ( anche di altri orientamenti) presenti nel servizio
– richiesta eccessiva di orario
11. Quali sono stati i risultati positivi del tuo tirocinio?
– apprendimento “sul campo” del metodo psicoanalitico e la possibilità di fare esperienza diretta e concreta del lavoro clinico Applicazione dei modelli teorici alla clinica,
– sperimentare che cosa significa lavorare nei servizi pubblici, in un’ équipe multiprofessionale dove professionalità diverse lavorano sullo stesso caso
– vedere l’approccio alla patologia grave
– opportunità di vedere diverse tecniche diagnostiche e terapeutiche nuove per me
“Ti consente di metterti alla prova, di confrontarti con le difficoltà degli utenti, di capire i propri limiti, ma anche le proprie risorse”
“Mi rende sempre più consapevole di quali siano le mie possibilità (ed i limiti) e le mie aspirazioni professionali; data la mole di impegno ed il frequente contatto con utenti o altri operatori, sta aumentando la mia capacità di tollerare la frustrazione (come anche di contenere l’angoscia per mancanze o errori miei); mi sta insegnando a pensare in modo psicoanalitico (attesa, osservazione, elaborazione) non solo in seduta, ma potenzialmente in ogni situazione di contatto con l’altro”
12. . Il tutor della nostra scuola di specializzazione ti è stato utile per il tirocinio?
NO 25 %
il tutor della scuola dovrebbe avere una conoscenza maggiormente approfondita delle regole esterne dei servizi per non dare risposte approssimative
SI 75%
– possibilità di discutere i casi del tirocinio “per compensare l’assenza del mio tutor in asl”
– “Perché permette di lavorare in parallelo con la formazione scolastica e quella professionale”
13. Il tuo supervisore? NO 8% SI 92%
Se SI, perché
– comprendere e gestire il profondo controtrasfert dei casi istituzionali del tirocinio
– avere consigli su letture e approfondimenti teorici sulle tematiche incontrate nel tirocinio
14. Quanto ha contribuito l’esperienza di tirocinio alla tua formazione di psicoterapeuta?
Per niente 0% Poco 0% Sufficientemente 16% Molto 84%
15.In che cosa ha contribuito?
“ Ad avere casi e pazienti, esempi clinici da portare a scuola
“Ha contribuito alla formazione della mia identità di psicoterapeuta psicoanalitico”
“A buttarmi nel lavoro”
“A rendermi consapevole dell’importanza del setting”
“A comprendere che il lavoro psicoterapeutico è un lavoro artigianale”
“Credo che mi stia permettendo di conoscere meglio la mia professione; non penso di scindere formazione ed esperienza, secondo me uno arricchisce l’altro come se fosse un circolo virtuoso, tramite l’esperienza, alcune teorie risultano più comprensibili”.
“Ha contribuito a rendermi più sicura ed autentica nel lavoro clinico”
“Mi ha dato modo di sperimentare ciò che apprendevo a scuola in teoria all’interno della relazione terapeutica in condizioni di sicurezza e di tutela”
16.In che cosa non ha contribuito?
“A darmi fiducia nelle mie capacità: mi sentivo travolta e senza strumenti”
“Non ha contribuito allo scambio multidisciplinare con altre figure sanitarie”
“Per forza di cose il tirocinio non può contribuire alla gestione di tutti quegli aspetti peculiari del lavoro al privato ( es. l’aspetto economico, la responsabilità del trattamento non mediata dall’istituzione Asl): questi sono aspetti di cui dovrebbe occuparsi il tutor della scuola”.
“Negli aspetti della tecnica psicoterapeutica psicoanalitica (tanto più che il mio supervisore aveva una preparazione psicoanalitica)”
17. Globalmente sei soddisfatto del tuo tirocinio?
Per niente 0% Poco 0% Sufficientemente 50 % Molto 50 %
18. Suggerimenti per rendere migliore l’esperienza di tirocinio
– all’inizio del tirocinio concordare le attività di lavoro e sincerarsi di essere costantemente seguito e monitorato
– avere con il tutor del tirocinio delle riunioni periodiche per discutere i casi e il lavoro del tirocinio nel suo complesso
– evitare di assegnare agli specializzandi alle prime armi casi troppo gravi o troppo complessi
– Poter dare agli specializzandi almeno una minima retribuzione per rendere il faticoso e complesso lavoro meno pesante e più affrontabile.
– maggior contatto-coordinamento tra asl, studente, scuola
– avere un confronto regolare con gli altri colleghi tirocinanti, con la supervisione del Tutor
– la scuola dovrebbe occuparsi maggiormente degli aspetti burocratici
Commenti liberi
“Di certo non mi aspettavo un simile carico di lavoro, ma la varietà di contesti in cui sono inserita mi permette di avere a che fare con persone (non solo utenti) diverse e quindi anche di sperimentare sensibilità e temi sempre nuovi. Trovo molto utile confrontare il metodo di lavoro che vedo in vivo al tirocinio con quello riportato a Scuola da colleghi e docenti: per quanto ognuno abbia una propria specificità, c’è una linea comune di pensiero che, nel tempo, sto cercando di sentire e fare mia”.
“L’asl si regge molto sul lavoro degli specializzandi; questi, a differenza degli specializzandi in medicina, non hanno nessuna ricompensa per il lavoro che svolgono spesso per svariati anni. Sarebbe bene che questo dato non venisse trascurato.
Grazie”
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APPENDICE II.
FOCUS GROUP SUL TIROCINIO
Hanno partecipato:
Balloni Chiara, Degli Innocenti Camilla, Manetti Mariella, Mazzoni Alessandro, CSMH; Fracchiolla Riccardo, Marino William, Ranfagni Benedetta, AFPP.
Conduttore: Isabella Lapi, Co-conduttore: Alfredina Fiori
1. apporti del tirocinio alla formazione
– il primo grande apporto è l’opportunità di apprendere dall’esperienza sul campo, trovando collegamento tra la teoria e la pratica
– il tirocinio offre la possibilità molto concreta di avere da subito materiale clinico e pazienti, anche psicoterapie, quando ancora l’attività personale privata non è avviata o sviluppata; è possibile inoltre, approfondire competenze di psicologia clinica che non si sono sufficientemente acquisite nel tirocinio post laurea
“Stare in trincea”
– si hanno contatti con pazienti e problematiche gravi e complesse che difficilmente si incontrerebbero nel proprio studio
– continuamente il setting è minacciato, ‘sporcato’ dalle difficoltà organizzative e logistiche
‘entrare nel mare con la punta del piede’
– è utile stare accanto al tutor ad assistere ai colloqui aiuta a non sentirsi solo, iniziare l’attività clinica in un contesto protetto
‘ridurre l’onnipotenza del terapeuta’
– si accoglie un’utenza non selezionata e si ha l’opportunità di interpretare la domanda ,fare un assessment preciso e capire se è il caso o no di offrire fare una psicoterapia; si incontrano situazioni che necessitano di interventi diversi dalla psicoterapia, per es. interventi di consultazione o di sostegno, interventi magari brevi e focalizzati, con obiettivi definiti; si ha la possibilità di contatto con altre figure professionali e altre istituzioni come le scuole, i servizi sociali dei Comuni, l’ospedale, i medici di base, che spesso richiedono interventi particolari e specifici
– si arricchisce il forte ‘baricentro’ che è rappresentato dalla scuola con altre visioni = si impara ad essere creativi e non rigidi
2. apporti del tirocinio all’identità di psicoterapeuta
– il tirocinio aiuta a scoprire ciò che ci è più consono, a capire che terapeuta siamo nel concreto del lavoro clinico
‘rimanere fermi nella tempesta’
– necessario mantenere fermo il setting interno: la scuola dà il setting mentale che aiuta a non crollare e a non arrendersi, a non aver paura del cambiamento e delle difficoltà del setting; il servizio ci sfida ad essere creativi e ci mette alla prova
‘…..ma per la nostra identità ci vorrebbe il riconoscimento economico!’
3. incidenza delle caratteristiche del servizio sulla formazione
– da parte di alcuni operatori del servizio non ci sono sufficienti informazione e convinzione sull’opportunità che offre la psicoterapia, specie quella intensiva, e questo si riverbera ovviamente, in modo negativo sugli utenti e le famiglie, che vengono poco motivati ad intraprendere la psicoterapia
– le difficoltà organizzative e la varietà delle richieste dell’utenza ‘sporcano il setting e l’intervento’ ma danno elasticità e creatività, ed è possibile usarle a fini terapeutici: se poi se se ne parla apertamente al paziente, si offre un modello di terapeuta che non ha paura dei cambiamenti e delle difficoltà, che regge
‘solo gli utenti fortemente capaci di trovare il seno a cui attaccarsi ce la fanno’,
– c’è molta differenza nel modo di seguire l’utenza: il servizio ha poco tempo, è investito di troppe richieste ed aspettative da parte degli utenti, e non può dare tutto a tutti, molti utenti si perdono; a scuola ci spingono invece, a fare di tutto per non perderli, a ricontattarli
‘viviamo anche noi la solitudine e la sofferenza degli operatori’
– le difficoltà ( spesso molto grandi) degli operatori sono anche le nostre, si crea un forte legame e si condividono i problemi, ci si aiuta
4. il collegamento con la scuola
‘ essere affiancati ma non tenuti per mano come bambini’
– ci vorrebbe maggior collegamento, anche per superare alcune difficoltà, es. trovare presto casi in psicoterapia e psicoterapie intensive
– sarebbe utile un monitoraggio da parte del tutor della scuola in parallelo al tutor del tirocinio: si ha la sensazione di essere poco affiancati o al contrario, essere poco riconosciuti nella nostra autonomia
‘…tra il troppo rigore ( la scuola) e il troppo poco rigore ( il tirocinio)….’
– se guardiamo in negativo, vediamo che c’è poco collegamento e troppa discrepanza tra ciò che ci insegnano e ciò che si vede nel lavoro concreto, ma, se guardiamo in positivo, questa discrepanza fortifica il nostro setting interno
5. le criticità rilevate
– alcune criticità attengono alle difficoltà organizzative e logistiche del servizio stesso che rischiano di far percepire il tirocinante come un peso invece che una opportunità:
mancanza di stanze e di orari liberi e adeguati; personale poco disponibile perché troppo impegnato e sottodimensionato rispetto al carico di lavoro, o addirittura assente; poco tempo per confrontarsi con l’équipe
– altre criticità sorgono se il confronto con il tutor del tirocinio non è strutturato e regolare, quindi è carente il tempo per riflettere dopo gli interventi
– altre criticità sono invece, riconducibili ad un problema più profondo:
se il servizio è poco orientato alla psicoterapia psicoanalitica, le famiglie e gli utenti vengono poco motivate alla psicoterapia, manca o è scarso il raccordo tra lo specializzando che fa la psicoterapia e l’operatore che segue la famiglia e la scuola, e ha la responsabilità della presa in carico del caso
– difficoltà infine, riguardano il trovare casi da prendere in psicoterapia intensiva
6. le proposte di miglioramento
– presentare la scuola ai tutor del servizio, far conoscere meglio il modello e gli specializzandi
– trovare modalità strutturate per avere maggior raccordo con gli operatori
– attivare interventi per lavorare di più con i genitori per far comprendere meglio la psicoterapia e coinvolgerli di più, e seguirli nel tempo, anche per non lasciare soli gli specializzandi nella psicoterapia!
-chiarire meglio i ruoli di supervisore, tutor della scuola, tutor del servizio, e trovare un raccordo stretto tra gli ultimi due
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APPENDICE III.
Dal punto di vista dei tutors
Hanno partecipato: Morena Guariento, Nerina Landi, CSMH; Isabella Lapi, Cinzia Ulivelli, AFPP; Alfredina Fiori, Psicologa Psicoterapeuta a indirizzo junghiano; Angela Maria Spina, IPG
I tutors, intervistati tramite un breve questionario, hanno lunga esperienza con specializzandi provenienti da molte scuole con orientamenti terapeutici diversi e hanno loro stessi una formazione psicoanalitica.
Mentre il tutor medico coinvolge gli specializzandi in attività esclusivamente di psicodiagnosi e psicoterapia lasciandoli autonomi nello svolgerle, gli altri tutors, psicologi, tendono, nel periodo iniziale, a farsi affiancare nelle varie attività ( comprese nelle prime visite ma non ovviamente, nella psicoterapia). Questo affiancamento è ritenuto necessario non solo per conoscersi, creare un linguaggio condiviso e far conoscere le attività del servizio ma anche per recuperare competenze di psicologia clinica di cui molti tirocinanti risultano carenti. Molti di essi, infatti, arrivano con una formazione piuttosto carente nella psicodiagnosi e nel colloquio clinico, e sono loro stessi a richiedere formazione anche in questi atti, considerati la base da cui partire per intraprendere la psicoterapia.
L’avere la stessa formazione dello specializzando è considerato un ‘fattore facilitante’ la comunicazione e il lavoro comune, ma non esclusivo perché a questo occorre aggiungere anche la condivisione dell’impostazione generale degli interventi, degli obiettivi e della visione clinica complessiva, dell’approccio al paziente, ecc..
Tutti i tutors hanno incontri strutturati con gli specializzandi, alcuni tutors anche a cadenza regolare, es. mensile, e in gruppo, coinvolgendo specializzandi di orientamenti diversi; il coinvolgimento di specializzandi di diverso orientamento avviene anche nella presa in carico dei casi complessi, chiedendo loro interventi diversi per lo stesso caso.
La presenza di specializzandi è all’unanimità ritenuta una grande risorsa per il supporto alla presa in carico del paziente con integrazione di contributi clinici differenziati e l’implementazione del piano terapeutico ( es. offerta di psicoterapia che il servizio non riesce ad offrire, possibilità di seguire sia il bambino che in parallelo, i genitori)..
La loro presenza è ritenuta importante e arricchente anche per il tutor stesso dal punto di vista umano e culturale.
Occorre però che il tirocinio si sviluppi per un arco di tempo lungo, certamente non meno di due anni nello stesso servizio
Le criticità rilevate riguardano in genere le difficoltà organizzative e logistiche ( carenza di risorse di personale, tempi ristretti, stanze insufficienti,…) del servizio stesso.
Qualche rara volta sono stati incontrati specializzandi non sufficientemente maturi e pronti per la psicoterapia, o problematici sul piano personale: in questi casi diventa indispensabile trovare maggiore collegamento tra il servizio e le scuole di formazione.
Questo collegamento viene ritenuto comunque necessario e da stringere maggiormente, per quanto riguarda per es. il percorso, gli obiettivi, le verifiche del tirocinio, e la chiarezza dei ruoli tra tutor aziendale, tutor della scuola, supervisore – ruoli che nella pratica a volte si confondono e collidono.
Generalmente gli specializzandi delle scuole ad orientamento psicoanalitico tendono a coinvolgersi di più e a mostrare maggiore motivazione ed impegno, e continuità di presenza: a tutti loro va il nostro grazie.
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